Impiego terapeutico dell’albumina

L’albumina in breve

L’albumina rappresenta più della metà delle proteine totali del plasma, la sua concentrazione nel sangue (albuminemia) varia fra 3,5 e 5,0 g/dL, è prodotta dal fegato ed assolve compiti quali mantenere in equilibrio la pressione oncotica, utile per distribuire equamente i fluidi nei compartimenti intra ed extravascolari; costituisce una riserva di amminoacidi per l’organismo; lega e trasporta ormoni, acidi grassi, alcuni farmaci e molte sostanze di scarto. Il patrimonio di albumina è pari a circa 4-5g/Kg, distribuito in prevalenza nello spazio extracellulare; il 30-40% si trova in sede intravascolare (40-50 g/l di plasma) ed esercita tra il 65%-75% della pressione oncotica del plasma. Non è chiaramente definito se vi sia un livello soglia di concentrazione dell’albumina al di sotto del quale sua funzione oncotica venga compromessa in misura clinicamente rilevante; vi è tuttavia consenso che l’attività oncotica si mantenga a livelli fisiologicamente adeguati a valori di albumina >2g/dl, e di proteine totali >3.5g/dl. Mentre l’emivita dell’albumina endogena è di circa 3 settimane, l’emivita dell’albumina emoderivata è di sole 12-16 ore ed è soggetta a notevole riduzione in presenza di condizioni di aumentata perdita capillare o perdita glomerulare.

L’albumina come “farmaco”

L’albumina oggi è disponibile in formulazioni per somministrazione endovenosa. Non si tratta in senso stretto di un “farmaco” ma di un “plasmaderivato” ossia una specialità farmaceutica prodotta attraverso processi di lavorazione industriale del plasma, la componente liquida del sangue, raccolta da donatori volontari attraverso procedure di aferesi produttiva o ottenuta dalla separazione dagli altri componenti del sangue intero attraverso mezzi fisici (centrifugazione). Altri esempi di plasmaderivati oggi in commercio sono le immunoglobuline, l’antitrombina, il fattore VII, il fattore VIII, il fattore IX, il fattore XIII, i concentrati di complesso protrombinico, il fibrinogeno.

Considerazioni pratiche sull’impiego dell’albumina

  • I plasmaderivati, così come il sangue o lo stesso plasma, costituiscono risorse preziose e caratterizzate da un forte valore etico inquanto derivate da donazione volontaria e gratuita. Si tratta di risorse limitate dal numero delle donazioni ed è pertanto auspicabile un uso quanto più razionale possibile. L’impiego di tali sostanze deve pertanto sempre essere motivato da solide basi scientifiche e limitato a condizioni di comprovata necessità. Andrebbero inoltre sempre preferiti prodotti alternativi quando possibile (ad esempio cristalloidi o colloidi di sintesi) poiché non soggetti a limiti di disponibilità e dai costi inferiori
  • In commercio esistono preparazioni di albumina umana al 5% (iso-oncotiche al plasma), al 20% ed al 25%. Tutte le preparazioni contengono 130/160 mEq di sodio per litro.
  • Il costo di un flacone di albumina è di circa 43 euro.
  • La richiesta albumina deve sempre essere motivata dal medico al fine dei dovuti controlli.
  • Il flacone di albumina per infusione endovenosa non contiene isoagglutine né altri anticorpi, né fattori della coagulazione; può essere infuso indipendente dal gruppo sanguigno del ricevente.
  • Essendo un emoderivato, come per tutti i derivati del sangue, è necessario mantenerne la tracciabilità e risulta quindi sempre necessario trascrivere in cartella clinica o sul referto il nome commerciale, il numero di lotto e la scadenza del medicinale.
  • Come per la trasfusione di emocomponenti anche l’infusione di emoderivati richiede la firma da parte del paziente del modulo di consenso informato.
  • L’intendimento religioso dei testimoni di Geova non vieta categoricamente l’uso di parti come albumina, immunoglobuline e preparati per l’emofilia; ciascun testimone deciderà personalmente se accettarli.

Indicazioni all’utilizzo dell’albumina: condizioni per le quali l’uso di albumina è considerato appropriato

Prevenzione della Disfunzione Circolatoria post paracentesi (DCPP) per paracentesi di grandi volumi (LVP): In caso di paracentesi di grandi volumi (superiori a 5 litri di liquido ascitico) è obbligatoria l’infusione lenta di albumina alla dose di 6-8 g/l di ascite rimossa, iniziando verso la fine della paracentesi. Vanno preferite preparazioni al 20 o 25%. L’infusione di albumina si è dimostrata significativamente più efficace di altri “plasma expanders” con un’incidenza significativamente più bassa di disfunzione circolatoria post paracentesi. Quando la quantità di ascite rimossa è inferiore a 5 L, l’albumina può essere utilizzata in presenza di possibili rischi legati alla somministrazione di cristalloidi o colloidi sintetici (sovraccarico di volume, insufficienza renale, coagulopatia).

Prevenzione dell’insufficienza renale in corso di Peritonite Batterica Spontanea (PBS): L’infusione di albumina in aggiunta alla somministrazione di antibiotici è stata associata ad una riduzione significativa dell’incidenza di insufficienza renale e della mortalità in paziente con peritonite batterica spontanea. Nel paziente ad alto rischio (bilirubina sierica >4mg/dl e creatinina >1mg/dl) l’infusione di albumina è obbligatoria ed al dosaggio di 1.5 g/Kg/pc al momento della diagnosi e 1,0 g/Kg/pc in terza giornata, in associazione con la terapia antibiotica. Nel paziente a basso rischio (bilirubina sierica <4mg/dl e creatinina <1mg/dl) il beneficio dell’albumina non è chiaro e la decisione della sua somministrazione dovrebbe essere individualizzata. L’uso di dosi ridotte di albumina dovrebbe essere limitato a studi clinici controllati.

Sindrome Epatorenale (SER): l’utilizzo dell’albumina è appropriato nella diagnosi di SER ove uno dei criteri diagnostici è proprio “l’assenza di riduzione dei valori di creatinina dopo almeno 2 giorni di  sospensione dei diuretici e di espansione plasmatica con albumina 1 g/kg peso corporeo al giorno sino ad un massimo di 100 grammi al giorno”. Nel trattamento della SER di tipo 1 è indicata la somministrazione di albumina alla dose di 1 g/Kg di peso corporeo il giorno 1 seguita da 20-40g al giorno, in associazione con terlipressina. La terapia con albumina deve essere proseguita per tutta la durata della terapia con terlipressina. Nei pazienti affetti SER di tipo 2, qualora vengano trattati con vasocostrittori, l’albumina dovrebbe essere aggiunta con i dosaggi utilizzati nella SER di tipo 1.

Plasmaferesi terapeutica: L’albumina ha una indicazione prioritaria rispetto a cristalloidi e colloidi di sintesi nella plasmaferesi quando la procedura riguarda grandi volumi di plasma (>20 ml/Kg in una seduta o >20 ml/Kg per settimana in più sedute). I cristalloidi e le combinazioni di albumina e cristalloidi dovrebbero essere considerate come alternative per plasmaferesi di piccolo volume. L’impiego di albumina come liquido di scambio è appropriato se vengono sostituiti >20 ml/Kg per seduta o  >20 ml/Kg per settimana in più sedute. I cristalloidi dovrebbero essere considerati un’alternative negli scambi di piccoli volumi

Trattamento a lungo termine del paziente affetto da cirrosi epatica ed ascite: Non vi sono dati che giustifichino l’uso dell’albumina umana per correggere l’ipoalbuminemia del paziente cirrotico. Recenti evidenze sembrano tuttavia supportare l’impiego di albumina nel trattamento a lungo termine del paziente cirrotico. Nello specifico la somministrazione ambulatoriale/domiciliare di 40 g di albumina a settimana ha dimostrato una riduzione del rischio di mortalità a 18 mesi del 38%, una diminuzione del numero di paracentesi evacuative (-54%), della frequenza delle principali complicanze, tra cui insufficienza renale (-61%), encefalopatia epatica (-52%) e peritonite batterica spontanea (-67%).

Indicazioni all’utilizzo dell’albumina: condizioni per le quali l’uso di albumina è considerato occasionalmente appropriato

Ipovolemia acuta: Non sono disponibili dati conclusivi a supporto dell’impiego routinario di soluzioni di colloidi (inclusa l’albumina) nella gestione dell’ipovolemia severa. Diversi studi non hanno dimostrato differenza significativa tra supporto volemico con albumina umana versus altre soluzioni (ad es. soluzione fisiologica) in termini di mortalità e prognosi. L’impiego di albumina, non esclusivo o prioritario, si conferma nella fase inziale resuscitativa dello shock ipovolemico ed in caso di mancata risposta ai cristalloidi.

Sindrome nefrosica in fase acuta: Nei pazienti affetti da sindrome nefrosica non grave il trattamento con albumina dovrebbe essere evitato. L’infusione a breve termine di albumina può essere appropriata in pazienti con grave ritenzione idrosalina non responsiva ad un trattamento diuretico appropriato, con albuminemia <2 g/dl, ipovolemia marcata e/o edemia periferico o polmonare grave e/o insufficienza renale acuta

Interventi di chirurgia maggiore: l’uso di albumina può essere indicato in soggetti sottoposti a interventi di resezione epatica > 40% qualora, dopo la normalizzazione della volemia, l’albuminemia si < 2 g/dl. Per qualunque altro tipo di intervento l’uso immediato di albumina nel post-operatorio è sempre sconsigliato. L’uso di albumina può essere indicato nel post-operatorio, in condizioni di elevata perdita di liquido ascitico dai drenaggi.

Pazienti Grandi Ustionati: L’albumina non è attualmente indicata come terapia di prima scelta nelle prime 24 ore, lasso di tempo in cui invece è fortemente indicata la terapia con cristallodi. Dopo le prima 24 ore l’impiego di albumina o colloidi di sintesi è indicato se la terapia con cristalloidi non risulta efficace nella correzione dell’ipovolemia, le ustioni ricoprono più del 20% della superficie corporea, l’albumina plasmatica è inferiore a 2 g/dl.

Circolazione extracorporea: I cristalloidi sono di prima scelta per il priming dei circuiti tuttavia l’associazione con colloidi non proteici può essere preferibile per evitare sovraccarico volemico

Ittero Neonatale Grave: L’impiego di albumina può essere considerato solo in caso di fallimento o parziale efficacia con fototerapia o exanguinotrasfusione.

Indicazioni all’utilizzo dell’albumina: condizioni per le quali l’uso di albumina è considerato inappropriato

Sindromi da iponutrizione: l’albuminemia è un indice dello stato di nutrizione e un importante indicatore prognostico, tuttavia, per impropria interpretazione di questi dati l’albumina esogena è stata largamente impiegata per ristabilire i normali livelli albuminemici in caso di malnutrizione, prevalentemente in preparazione di interventi chirurgici. Attualmente non vi sono basi fisiopatologiche né studi clinici osservazionali che giustifichino questo impiego: l’ipoalbuminemia è una conseguenza della malnutrizione e un indice della severità della prognosi ma di per sé non determina conseguenze negative. Inoltre, l’albumina non è un buon nutriente, la sua composizione è sbilanciata e relativamente carente di alcuni aminoacidi, può interferire con la sintesi proteica e con quella della stessa albumina plasmatica (paradossalmente accelerandone la degradazione o riducendone la sintesi), l’albumina esogena ha inoltre un’emivita molto più breve dell’albumina endogena. Non vi sono indicazioni ad impego di albumina ai fini nutrizionali.

Enteropatie protido-disperdenti: uso privo di fondamento scientifico. L’albumina deve essere sostituita dalla nutrizione enterale o dalla nutrizione parenterale totale

Sindrome nefrosica cronica: impiego non indicato a casua della rapida escrezione e breve emivita dell’albumina esogena

Dialisi: l’impiego di albumina non ha una dimostrata efficacia nel ridurre il rischio di ipotensione.

Cicatrizzazione delle ferite: uso privo di fondamento scientifico.

Prevenzione dell’insufficienza renale in corso infezioni batteriche diverse dalla PBS nel paziente cirrotico: utilizzo privo di fondamento scientifico.

Pancreatiti acute e croniche: uso privo di fondamento scientifico.

Effetti collaterali e reazioni avverse:

L’albumina è di solito ben tollerata. Sono tuttavia possibili reazioni immediate di tipo allergico con febbre, brividi, nausea, vomito, orticaria, ipotensione, aumento della salivazione, effetto sulla respirazione e sulla frequenza cardiaca. In caso di infusione molto rapida (20 – 50 mL/minuto) si può verificare una rapida caduta della pressione arteriosa e, nei soggetti anziani e in quelli a rischio di insufficienza cardiaca congestizia, è possibile indurre uno scompenso cardiaco congestizio, specie con l’impiego di soluzioni concentrate di albumina. L’albumina è considerata un emoderivato sicuro dal punto di vista infettivologico, con qualche interrogativo per la potenziale trasmissione di prioni.


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Francesco
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